Filostrato, Immagini,
23 (Narciso)
1. La
fonte ritrae Narciso, la pittura ritrae la fonte e tutte le vicende di
Narciso.
Un giovinetto, che ha da poco terminato la caccia, si sporge su una
fonte,
traendone una sorta di desiderio e innamorandosi della sua propria
bellezza;
come vedi, sembra dardeggiare il suo sguardo verso l'acqua.
2. Ora, la
grotta è dedicata ad Acheloo e alle Ninfe, e vi sono dipinte le
opportune
iscrizioni [(che mi permettono di identificare il dio e le ninfe)]:
poiché le
loro statue appaiono scolpite rozzamente e in pietra locale, e per di
più
alcune sono state danneggiate dal tempo, altre sono state mutilate dai
figli
dei bovari o dei pastori, ancora bambini e incapaci di percepire la
presenza
della divinità. E la fonte non è priva di tratti dionisiaci, quasi che
Dioniso
la avesse mostrata alle Baccanti (le Lènai, ovvero «Pigiatrici»): è
circondata
dalla vite, dall’edera e da bei tralci, e non le mancano i grappoli e
le piante
con cui si fanno i tirsi (frassin?); uccelli melodiosi fanno festa,
intorno a
lei, ciascuno secondo l’armonia del suo canto, e bianchi fiori sono
spuntati
intorno alla fonte: non ancora sbocciati, ma che germogliano in onore
del
fanciullo. Poiché il dipinto è molto rispettoso della realtà, da quei
fiori
stilla anche la rugiada, e su di loro si posa persino un’ape, non so se
tratta
in inganno dalla pittura, o se piuttosto non si debba ammettere che
siamo noi a
avere l’illusione che sia vera lei. Ma sia pure.
3. Tu
invece, o fanciullo, non da un dipinto sei stato ingannato, né ti
struggi per
dei colori o della cera, ma non sai che l’acqua ha riprodotto proprio
te
nell’immagine che hai visto, né sai scoprire il trucco della fonte,
perché
bisognerebbe fare un cenno col capo, o mutare espressione del volto, o
fare un
movimento con la mano, e non stare fermi nello stesso atteggiamento,
mentre tu
invece, come se avessi incontrato un compagno, attendi un gesto da
parte sua.
Ebbene, la fonte si metterà a discorrere con te?
Ora,
costui non dà retta a una nostra parola, ma è del tutto proteso
sull’acqua,
occhi e orecchi comprese, e siamo noi a dover illustrare
con parole com’è la
pittura.
4. Il
fanciullo è eretto, e riposa, a piedi incrociati, appoggiando una mano
sul
giavellotto confitto a terra alla sua sinistra, mentre la destra è
portata
sulla natica per sostenerlo e permettere la posizione a glutei
sporgenti
richiesta dall’inclinazione del lato sinistro. Il braccio lascia vedere
uno
spazio aperto, là dove il gomito si flette, e forma una piega dove il
polso si
torce, e produce un’ombra che si insinua fino al palmo, e i raggi
dell’ombra
sono obliqui per la curvatura delle dita verso l’interno.
Non
so se
l’affanno del suo petto sia ancora quello del cacciatore, o già quello
dell’amante. Certo, lo sguardo è quello di uno molto innamorato, perché
lo
scintillio e l’ardore naturali sono addolciti da un velo di desiderio,
e forse
crede di essere riamato (anteràsthai),
perché la sua immagine (skià) lo
riguarda allo stesso modo in cui la guarda.
5. Ci
sarebbero tante cose da dire anche a proposito della sua chioma, se lo
avessimo
incontrato mentre cacciava, perché le sue volute nella corsa sarebbero
state
innumerevoli, e ancor più se fosse stata gonfiata da qualche soffio di
vento,
ma vale la pena di parlarne anche ora. Folta e dorata, parte è tirata
verso i
tendini del collo, parte si divide fin sotto le oreccchie, parte
ondeggia sulla
fronte, parte confluisce nella peluria del viso. Entrambi i Narcisi
sono
identici nell’aspetto, poiché mostrano l’uno all’altro i medesimi
particolari,
tranne per il fatto che uno è situato all’aria aperta, l’altro è
immerso nella
fonte. Infatti il fanciullo incombe su quello che sta lì nell’acqua, o
meglio,
che guarda intensamente verso di lui, ed è come assetato della sua
bellezza.
trad. E.
Pellizer, da M.
Bettini - E. P., Il mito di Narciso, Einaudi,
Torino, 2003, pp. 189ss.