Pseudo Longino, Del Sublime, 44 (trad. di Francesco Donadi)
XLIV 1 'Eke‹no mšntoi loipÕn ›neka tÁj sÁj crhstomaqe…aj oÙk Ñkn»somen ™piprosqÁnai, diasafÁsai, Terentian f…ltate, Óper ™z»thsš tij tîn filosÒfwn prÕj <œm'> œnagcoj, “qaàm£ m' œcei” lšgwn “æj ¢mšlei kaˆ ˜tšrouj polloÚj, pîj pote kat¦ tÕn ¹mšteron a„îna piqanaˆ mn ™p' ¥kron kaˆ politika…, drime‹a… te kaˆ ™ntrece‹j kaˆ m£lista prÕj ¹don¦j lÒgwn eÜforoi, Øyhlaˆ d l…an kaˆ Øpermegšqeij, pl¾n e„ m» ti sp£nion, oÙkšti g…nontai fÚseij. tosaÚth lÒgwn kosmik» tij ™pšcei tÕn b…on ¢for…a. 2 À n¾ D…'” œfh “pisteutšon ™ke…nJ tù qruloumšnJ, æj ¹ dhmokrat…a tîn meg£lwn ¢gaq¾ tiqhnÒj, Î mÒnV scedÕn kaˆ sun»kmasan oƒ perˆ lÒgouj deinoˆ kaˆ sunapšqanon; qršyai te g£r, fhs…n, ƒkan¾ t¦ fron»mata tîn megalofrÒnwn ¹ ™leuqer…a kaˆ ™pelp…sai, kaˆ ¤ma diege…rein tÕ prÒqumon tÁj prÕj ¢ll»louj œridoj kaˆ tÁj perˆ t¦ prwte‹a filotim…aj. 3 œti ge m¾n di¦ t¦ proke…mena ™n ta‹j polite…aij œpaqla ˜k£stote t¦ yucik¦ proter»mata tîn ·htÒrwn meletèmena ¢kon©tai kaˆ oŒon ™ktr…betai kaˆ to‹j pr£gmasi kat¦ tÕ e„kÕj ™leÚqera sunekl£mpei. oƒ d nàn ™o…kamen” œfh “paidomaqe‹j enai doule…aj dika…aj, to‹j aÙto‹j œqesi kaˆ ™pithdeÚmasin ™x ¡palîn œti fronhm£twn mÒnon oÙk ™nesparganwmšnoi kaˆ ¥geustoi kall…stou kaˆ gonimwt£tou lÒgwn n£matoj, t¾n ™leuqer…an” œfh “lšgw, diÒper oÙdn Óti m¾ kÒlakej ™kba…nomen megalofue‹j.” 4 di¦ toàto t¦j mn ¥llaj ›xeij kaˆ e„j o„kštaj p…ptein œfaske, doàlon d mhdšna g…nesqai •»tora. “eÙqÝj g¦r ¢naze‹ tÕ ¢parrhs…aston kaˆ oŒon œmfrouron ØpÕ sunhqe…aj ¢eˆ kekondulismšnon: 5 “¼misu g£r t' ¢retÁj”, kat¦ tÕn “Omhron, “¢poa…nutai doÚlion Ãmar.” “ésper oân, e‡ ge” fhs… “toàto pistÒn ™stin ¡koÚw, t¦ glwttÒkoma, ™n oŒj oƒ Pugma‹oi kaloÚmenoi d n©noi tršfontai, oÙ mÒnon kwlÚei tîn ™gkekleismšnwn t¦j aÙx»seij, ¢ll¦ kaˆ sun£roi di¦ tÕn perike…menon to‹j sèmasi desmÒn, oÛtwj ¤pasan doule…an, k¨n Ï dikaiot£th, yucÁj glwttÒkomon kaˆ koinÕn ¥n tij ¢pof»naito desmwt»rion.” 6 ™gë mšntoi ge Øpolabèn: “·®dion” œfhn “ð bšltiste, kaˆ ‡dion ¢nqrèpou tÕ katamšmfesqai t¦ ¢eˆ parÒnta Óra d m»pote oÙc ¹ tÁj o„koumšnhj e„r»nh diafqe…rei t¦j meg£laj fÚseij, polÝ d m©llon Ð katšcwn ¹mîn t¦j ™piqum…aj ¢periÒristoj oØtosˆ pÒlemoj, kaˆ n¾ D…a prÕj toÚtJ t¦ frouroànta tÕn nàn b…on kaˆ kat' ¥kraj ¥gonta kaˆ fšronta tautˆ p£qh. ¹ g¦r filocrhmat…a, prÕj ¿n ¤pantej ¢pl»stwj ½dh nosoàmen, kaˆ ¹ filhdon…a doulagwgoàsi, m©llon dš, æj ¨n e‡poi tij, katabuq…zousin aÙt£ndrouj ½dh toÝj b…ouj, filargur…a mn nÒshma mikropoiÕn <Ôn>, filhdon…a d' ¢gennšstaton. 7 oÙ d¾ œcw logizÒmenoj eØre‹n æj oŒÒn te ploàton ¢Òriston ™ktim»santaj, tÕ d' ¢lhqšsteron e„pe‹n ™kqei£santaj, t¦ sumfuÁ toÚtJ kak¦ e„j t¦j yuc¦j ¹mîn ™peisiÒnta m¾ paradšcesqai. ¢kolouqe‹ g¦r tù ¢mštrJ ploÚtJ kaˆ ¢kol£stJ sunhmmšnh kaˆ ‡sa, fas…, ba…nousa polutšleia, kaˆ ¤ma ¢no…gontoj ™ke…nou tîn pÒlewn kaˆ o‡kwn t¦j e„sÒdouj e„j §j ™mba…nei kaˆ sunoik…zetai. cron…santa d taàta ™n to‹j b…oij neottopoie‹tai, kat¦ toÝj sofoÚj, kaˆ tacšwj genÒmena perˆ teknopoi…an pleonex…an te gennîsi kaˆ tàfon kaˆ truf»n, oÙ nÒqa ˜autîn genn»mata ¢ll¦ kaˆ p£nu gn»sia. ™¦n d kaˆ toÚtouj tij toà ploÚtou toÝj ™kgÒnouj e„j ¹lik…an ™lqe‹n ™£sV, tacšwj despÒtaj ta‹j yuca‹j ™nt…ktousin ¢parait»touj, Ûbrin kaˆ paranom…an kaˆ ¢naiscunt…an. 8 taàta g¦r oÛtwj ¢n£gkh g…nesqai kaˆ mhkšti toÝj ¢nqrèpouj ¢nablšpein mhd' Østerofhm…aj ena… tina lÒgon, ¢ll¦ toioÚtwn ™n kÚklJ telesiourge‹sqai kat' Ñl…gon t¾n tîn b…wn diafqor£n, fq…nein d kaˆ katamara…nesqai t¦ yucik¦ megšqh kaˆ ¥zhla g…nesqai, ¹n…ka t¦ qnht¦ [kapanhta] ˜autîn mšrh ™kqaum£zoien, paršntej aÜxein t¢q£nata. 9 oÙ g¦r ™pˆ kr…sei mšn tij dekasqeˆj oÙk ¨n œti tîn dika…wn kaˆ kalîn ™leÚqeroj kaˆ Øgi¾j ¨n krit¾j gšnoito (¢n£gkh g¦r tù dwrodÒkJ t¦ o„ke‹a mn fa…nesqai kal¦ kaˆ d…kaia <t¦ d' ¢llÒtria ¥dika kaˆ kak¦>), Ópou d ¹mîn ˜k£stou toÝj Ólouj ½dh b…ouj dekasmoˆ brabeÚousi kaˆ ¢llotr…wn qÁrai qan£twn kaˆ ™nšdrai diaqhkîn, tÕ d' ™k toà pantÕj kerda…nein çnoÚmeqa tÁj yucÁj ›kastoj prÕj tÁj <filocrhmat…aj> ºndrapodismšnoi, «ra d¾ ™n tÍ tosaÚtV loimikÍ toà b…ou diafqor´ dokoàmen œti ™leÚqerÒn tina krit¾n tîn meg£lwn À dihkÒntwn prÕj tÕn a„îna k¢dškaston ¢polele‹fqai kaˆ m¾ katarcairesi£zesqai prÕj tÁj toà pleonekte‹n ™piqum…aj; 10 ¢ll¦ m»pote toioÚtoij oŒo… pšr ™smen ¹me‹j ¥meinon ¥rcesqai À ™leuqšroij enai: ™pe…toige ¢feqe‹sai tÕ sÚnolon, æj ™x eƒrktÁj ¥fetoi, kat¦ tîn plhs…on aƒ pleonex…ai k¨n ™piklÚseian to‹j kako‹j t¾n o„koumšnhn. Ólwj d d£panon œfhn enai tîn nàn gennwmšnwn fÚsewn t¾n ·vqum…an, Î pl¾n Ñl…gwn p£ntej ™gkatabioàmen, oÙk ¥llwj ponoàntej À ¢nalamb£nontej e„ m¾ ™pa…nou kaˆ ¹donÁj ›neka, ¢ll¦ m¾ tÁj z»lou kaˆ timÁj ¢x…aj pot çfele…aj. 12 “kr£tiston e„kÁ taàt' ™©n,” ™pˆ d t¦ sunecÁ cwre‹n• Ãn d taàta t¦ p£qh, perˆ ïn [™n „d…J prohgoumšnwj ØpescÒmeqa gr£yein Øpomn»mati, Ö t»n te toà ¥llou lÒgou kaˆ aÙtoà toà Ûyouj mo‹ran ™pecÒntwn, æj ¹m‹n <doke‹>] .... |
XLIV
1 Mi resta da chiarirti una questione, Terenziano carissimo,
e per il tuo desiderio di apprendere, non esiterò ad aggiungerla:
ed è quella che uno della cerchia dei filosofi mi ha posto, ora
è poco. "Un fatto" mi diceva "mi risulta strano,
e certo a molti altri: per quale ragione ai tempi nostri si trovano ingegni
ai vertici dell'arte della persuasione, versati per le cause forensi,
acuti, pronti, e soprattutto felicemente portati alla piacevolezza dello
stile, ma, salvo qualche eccezione, non si vedono affatto delle nature
geniali e di grandezza assolutamente superiore? Tanta universale impotenza
oratoria ha investito il nostro secolo!" 2 "Si
deve prestare fede, per Zeus" diceva "all'opinione corrente,
che la democrazia è ottima nutrice degli spiriti grandi, ed è
forse solamente per causa sua che i grandi nomi dell'oratoria hanno avuto
la loro stagione e si sono spenti? La libertà, si dice, è
quel che basta a nutrire i sentimenti degli spiriti grandi, a dar loro
speranza, e nel contempo a dar esca alle loro propensioni a rivaleggiare
gli uni con gli altri e all'ambizione di primeggiare. 3
E ancora: è attraverso gli onori, che sono la posta dei regimi
democratici, che in ogni occasione le superiori qualità spirituali
degli oratori si aguzzano mediante l'esercizio e quasi si affinano, e,
com'è naturale, esse brillano in libertà in sintonia con
le loro imprese. Mentre noi, uomini di ora" andava dicendo "sembra
che siamo andati a scuola di servitù legalmente riconosciuta, fin
dall'età in cui tenera era la nostra mente siamo stati per così
dire fasciati negli stessi costumi e nelle stesse abitudini, senza aver
gustato la fonte più bella e feconda dell'eloquenza: la libertà"
diss'egli "è ciò di cui parlo: perciò non siamo
altro che dei sublimi ruffiani". 4 Per questo motivo
egli affermava che, mentre le altre facoltà possono capitare anche
a dei servitori, non c'è schiavo che diventi oratore; infatti subito
affiora l'assoluta incapacità di parlar liberamente, quasi come
un prigioniero che ha fatto l'abitudine ai pugni. 5 Secondo
Omero, infatti "il giorno della servitù si porta via metà
del valore". "Dunque" egli affermava "se quanto sento
è vero, come la gabbia, nella quale vengono allevati i pigmei,
che vengon chiamati nani, non solamente impedisce la crescita di chi ci
è chiuso dentro, ma anche ne storpia le membra per i ceppi che
ne imprigionano i corpi, così ogni servitù, anche la più
giusta, si potrebbe ben dire gabbia e prigione pubblica dell'animo".
6 E io, di risposta, "È facile, carissimo
amico, e proprio dell'uomo, prendersela con quanto di volta in volta si
presenta, ma osserva, non è la pace universale a corrompere le
grandi nature, ma molto di più questa guerra interminabile che
trattiene in mano sua i nostri desideri, e, per Zeus, aggiungici queste
passioni qua, che hanno messo in stato d'assedio la nostra epoca sconvolgendola
dalle fondamenta. Infatti la brama di ricchezze, per la quale tutti noi
siamo insaziabilmente malati, e l'amore del piacere, ci portano alla schiavitù,
o, si potrebbe dir meglio, mandano a picco i nostri beni con tutto l'equipaggio.
L'amore per il denaro è una malattia che rimpicciolisce l'animo,
l'amore per il piacere rappresenta il colmo dell'avvilimento. 7
Benché ci pensi sopra, non riesco a trovar la ragione per cui non
debba esser possibile (a tal punto stimiamo una ricchezza senza limiti,
o per parlar più schietto, l'abbiamo divinizzata) non subire nell'animo
nostro le conseguenze malefiche della stessa natura che con questa si
fanno avanti. Infatti alla ricchezza senza misura e senza freno s'accompagna
strettamente il lusso, procedendo, per così dire, con passo eguale;
e quando essa gli apre l'entrata delle città e delle case, ci entra
insieme, e ci coabita. Col tempo, questa coppia di elementi mette su il
nido, a dire dei filosofi, nella vita degli uomini, e messasi subito a
riprodursi, genera cupidigia, orgoglio, mollezza; e non di generazioni
di bastardi si tratta, ma addirittura di prole assolutamente legittima.
E se per giunta si lascia che questi discendenti della ricchezza vadano
avanti negli anni, generano rapidamente negli animi dei tiranni inesorabili:
l'insolenza, l'illegalità e la spudoratezza. 8 È
fatale che le cose stiano così, e che l'uomo non rivolga più
il suo sguardo verso l'alto, né che si tenga in alcun conto il
buon nome, ma che in tale evoluzione si compia la rovina degli esseri,
che deperisca e dissecchi la grandezza spirituale e che essa non sia più
oggetto di emulazione quando gli uomini ammirano quanto di loro stessi
è mortale, trascurando di accrescere ciò che è immortale.
9 Infatti, un giudice che sia stato corrotto in vista
di un suo giudizio, non sarà più in grado, in una causa
bella e giussta, di giudicare in modo libero e pulito (fatalmente infatti,
a chi è stato sensibile agli omaggi, solo il suo privato tornaconto
appare bello e giusto); ma quando la corruzione è arbitro dell'intera
vita di ciascuno di noi, e si va a caccia delle morti altrui e delle imboscate
per i testamenti; e quando, reso schiavo (dall'ingordigia), ciascuno
di noi il guadagno a qualunque costo lo compri, a prezzo della sua anima,
pensiamo forse che in tale decomporsi pestilenziale della nostra vita
resti ancora un giudice libero e incorruttibile di quanto è grande
e destinato a durare, e che non sia preda di intrighi per il desiderio
di arricchire? 10 Ma forse per noi - per quel che siamo
- sarebbe preferibile esser soggetti che liberi; perché se le brame,
quasi fossero state liberate dalle sbarre, fossero completamente scatenate
contro chi è loro vicino, esse, con i loro crimini, appiccherebbero
il fuoco alla terra intera". 11 In generale, io
dicevo che la rovina del nostro tempo è l'indifferenza nella quale
tutti, a eccezione di pochi, passiamo la nostra vita, senza fare e intraprendere
nulla se non per la lode e per il piacere, ma non per una qualche utilità
degna di emulazione e di onori. 12 "Il partito migliore
è lasciare queste cose al caso", e passare all'argomento successivo:
erano queste le passioni, a proposito delle quali [abbiamo promesso in
precedenza di scrivere in apposito trattato, dato che a mio <avviso>
entrano nelle altre parti dell'eloquenza e nello stesso sublime] ... |